Come lo stress “invecchia” il nostro DNA
Il premio Nobel per la medicina del 2009 Elizabeth Blackburn e la dott.ssa Elissa Epel (Università della California UCSF), che ho il piacere di conoscere di persona, hanno dimostrato che non sapere gestire efficacemente lo stress accelera il processo d’invecchiamento cellulare genetico predisponendo a molte malattie cardiocircolatorie e immunitarie.
Al contrario, a chi venivano insegnate tecniche antistress accadeva che il processo di invecchiamento cellulare rallentava. Questo studio ha segnato una svolta nella storia della biologia e della psicologia perchè per la prima volta si è dimostrata scientificamente la connessione tra il livello psicologico, dove percepiamo lo stress, e il livello biologico per eccellenza ossia quello relativo il materiale genetico contenuto in tutte le cellule del nostro corpo.
In particolare lo stress si è visto che intacca delle strutture chiamate Telomeri, costituite loro stesse da DNA (acido desossiribonucleico), che hanno il compito di proteggere i cromosomi dove è depositato il materiale genetico.
Maggiore è la lunghezza dei telomeri maggiore è il grado di protezione (dall’invecchiamento) del materiale genetico; minore è la lunghezza dei telomeri più elevato è il rischio di degradazione del DNA. I telomeri vengono ormai considerati degli indicatori affidabili dell’invecchiamento cellulare cioè dell’ “età biologica” degli esseri viventi (differente da quella cronologica che misura unicamente il tempo trascorso).
L’accorciamento dei telomeri è connesso alla degradazione prematura delle cellule che causa, a sua volta, patologie cardiovascolari e la vulnerabilità del sistema immunitario anche a lungo termine.
Lo studio del premio Nobel e la dott.ssa Epel è particolarmente prezioso perché dimostra anche che la differenza di età biologica tra chi è stressato e chi gestisce lo stress efficacemente è mediamente di almeno 10 anni (da 9 a 17 anni secondo uno studio più recente del 2012).
In altri termini i soggetti con più alti livelli di stress percepito hanno telomeri mediamente più brevi di almeno un decennio di invecchiamento cellulare rispetto i soggetti a cui venivano insegnate tecniche antistress.
Durante un’intervista del 2011 la dott.ssa Blackburn spiega che: «Esistono gravi stress che mettono a rischio il funzionamento cellulare. Abusi o traumi infantili impediscono ai telomeri di funzionare anche in età adulta… ». Sempre riguardo l’importante rapporto che esiste tra genitori e figli la Blackburn in una sua ricerca dell’anno scorso ha messo in evidenza come donne stressate durante le gravidanza accellerano l’invecchiamento genetico dei loro bambini.
Sulla scia di queste ricerche uno studio pubblicato nel Febbraio di quest’anno dalla dott.ssa Elissa Epel dimostra che anticipare le situazioni stressanti (cioè essere ansiosi) accelera l’invecchiamento cellulare predisponendo a malattie cardiovascolari e al cancro.
Già da una trentina d’anni una branca della scienza che si chiama psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) aveva dimostrato le connessioni tra il piano mentale (psico) dello stress e i vari sistemi collegati a questo: neurale, endocrino e immunologico. Di questo settore scientifico c’è ad esempio uno studio di quest’anno che dimostra come lo stress percepito dalle future mamme influenza negativamente il livello di ferro dei neonati.
Le recenti ricerche della Blackburn e dei suoi colleghi sono però rivoluzionarie rispetto ciò che già si conosceva perchè dimostrano quanto il fattore psicologico e quello biologico siano profondamente connessi fino ad interessare ciò che pensiamo influenza anche l’espressione dei nostri geni: quello che fino a dieci anni fa poteva essere un’affermazione esagerata priva di fondamento adesso è un evidenza scientifica.
Il biologo cellulare Bruce Lipton sostenitore dell’epigenetica (cioè lo studio su cosa controlla l’espressione dei geni) affermava da tempo che sono le nostre credenze e le nostre convinzioni che plasmano il nostro funzionamento biologico e che quindi occorre spostare l’attenzione sul piano psicologico sia per facilitare un processo di guarigione sia per migliorare la qualità delle nostre vite. Il suo libro “The biology of belief” (“La biologia delle credenze”), premio per il miglior libro scientifico americano del 2006, afferma proprio questo messaggio enfatizzando quindi il ruolo della psicologia nel fornirci degli strumenti per gestire al meglio i fattori stressanti della nostra vita.
La branca della biologia che si chiama epigenetica afferma e dimostra quanto importante sia gestire efficacemente lo stress sia acuto (quello dovuto a episodi traumatici) che cronico (quello cioè meno intenso di quello acuto ma che si ripete anche quotidianamente per molto tempo) per non avere delle conseguenze negative sul proprio benessere psicofisico e su quello dei nostri cari (in particolare dei nostri figli) ma come si può gestire lo stress?
Negli ultimi trent’anni la psicologia ha trovato soluzioni molto efficaci per interrompere il circuito stressante che danneggia il nostro corpo. Anche l’ American Psychological Association (Associazione Psicologica Americana) nel 2010 afferma che attraverso l’apprendimento di queste tecniche psicofisiche relativamente semplici e veloci viene garantita un’alta efficacia nel combattere lo stress.
Occorre naturalmente personalizzare le tecniche per renderle adatte a ciascun contesto ma una volta apprese permettono di essere applicate in tutta autonomia dall’utente. La persona nel tempo sviluppa una capacità sempre maggiore di gestire lo stress aumentando anche il senso di autostima che nasce dalla consapevolezza di avere un strumento valido ed affidabile con il quale fronteggiare le difficoltà della propria vita.
BIBLIOGRAFIA:
http://www.economist.com/node/18526881
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/cncr.26259/full
http://www.sciencedirect.com/science/journal/08891591/
http://www.sciencedaily.com/releases/2012/04/120429085406.htm
http://www.apa.org/helpcenter/anxiety-treatment.aspx
[…] Tutte le più recenti scoperte scientifiche ci indicano che questi due aspetti del nostro essere sono inestricabilmente uniti e continuamente interagenti. Premi Nobel hanno ormai dimostrato che la qualità della nostra vita mentale influenza la nostra fisiologia fino a modificare anche l’espressione genetica delle nostre cellule (vedi il mio articolo “Come lo stress “invecchia” il nostro DNA“). […]
[…] un mio precedente articolo descrivevo come negli ultimi anni si stiano accumulando tutta una nuova serie di studi relativi […]