Stress in Italia: dati, politiche e costi
Il Dipartimento di Studi Clinici dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con l’AISIC (Associazione Italiana contro lo Stress e l’Invecchiamento Cellulare) ha condotto nel 2009 uno studio sullo stress cronico che, già da tempo, si sa essere un fattore primario nella genesi delle patologie più diffuse nei paesi industrializzati.
Il risultato è che sommando i dati delle malattie cardiovascolari, tumori, broncopneumopatie croniche ostruttive, cirrosi epatica, malattie intestinali (tutti problemi che vedono lo stress come una delle loro cause principali) si comprende che sette italiani su dieci muoiono per patologie legate allo stress.
Sempre rimanendo nell’ambito delle malattie correlate allo stress, in Italia l’ipertensione, causa anche di diabete e infarto, colpisce 1 italiano su 4, cioè circa 15 milioni di persone. La depressione, di cui soffre nell’arco della vita circa il 18% della popolazione interessa approssimativamente 12 milioni di italiani.
Concludendo questa panoramica sullo stress in Italia aggiungo solo che un cittadino italiano su tre è ansioso, 12 milioni e mezzo di italiani fanno uso di ansiolitici e i disturbi del sonno riguardano almeno il 14% della popolazione.
I dati che ho presentato sono del 2009 ma purtroppo penso che, visto l’andamento socio-economico degli ultimi anni, sono da considerarsi approssimati per difetto e, aggiungerei, di molto.
Lo stress se ripetuto nel tempo e soprattutto se non gestito in maniera competente diventa un generatore di ansia, depressione, disadattamento sociale e ha come possibili conseguenze alcolismo, abuso di farmaci e lo sviluppo di tutte quelle cattive abitudini che usiamo per combatterlo in una maniera purtroppo poco efficace. Per fare qualche esempio di queste abitudini così radicate nelle nostre vite perché hanno la loro funzione antistress maladattiva basta pensare a come molti di noi usano il cibo per compensare una giornata stressante o fanno spesso una “pausa sigaretta” per rendere meno pesante la giornata lavorativa o bevono un alcolico perchè sentono troppo pressante quella situazione sociale. Questi comportamenti se usati sistematicamente come strategie per gestire lo stress sono sempre causa di problemi psicofisici che si manifestano nel tempo e hanno sia dei costi individuali che sociali.
Per quanto riguarda i costi individuali si pensi ad esempio anche solo ai costi che ciascun cittadino sostiene in termini di farmaci, di mancati guadagni per i giorni lavorativi persi nel cercare di contrastare gli effetti collaterali dello stress senza parlare della sofferenza psicologica vissuta dai soggetti.
Relativamente i costi sociali dell’impatto dello stress è stato calcolato che nel 2008 circa la metà della spesa sanitaria nazionale è stata utilizzata per pagare terapie per curare malattie causate da stress; stiamo parlando di oltre 50 miliardi di euro. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità in Italia il solo assenteismo causato della depressione incide per 5 miliardi di euro l’anno. Questi dati purtroppo sono in continua crescita.
La Gran Bretagna, paese a mio avviso molto più attento e lungimirante politicamente del nostro, ha introdotto nel 2008 un protocollo che consente ai cittadini inglesi di avere un supporto psicologico per un disagio legato all’ansia o lo stress da parte di un professionista convenzionato con il sistema sanitario nazionale. Si tratta di interventi al massimo di 10 sessioni che al cittadino non costano nulla, al servizio sanitario costano circa 1000 euro ma i dati hanno dimostrato che se lo Stato investe in questo modo evita di spendere circa 12000 euro annui di costi sociali dovuti al mancato trattamento di questi disagi. Il solo risparmio relativo annuo è stato calcolato essere di quasi 2 miliardi di euro ecco perché già nel 2009 il governo ha stanziato quasi 200 milioni di euro per servizi di assistenza psicologica.
Anche l’Unione Europea nel 2009 ha calcolato che in Europa l’impatto economico diretto e indiretto del mancato intervento per le diverse forme di disagio psicologico è di 436 miliardi di euro questa cifra dimostra quanto convenga occuparsi di prevenzione e cura psicologica.
In Italia la politica sociale è notoriamente più miope rispetto molti altri paesi industrializzati così, sebbene conosciamo quanto andremmo a risparmiare in termini di costi individuali e sociali investendo in interventi di prevenzione e cura psicologica, ancora poco si è fatto e, visti l’andamento degli eventi politico-sociali che caratterizzano il nostro paese, penso che il panorama non cambierà nel prossimo futuro.
Questa rassegna di dati non vuole essere un impietosa e allarmistica fotografia dell’Italia di oggi ma ha lo scopo di comprendere il mondo in cui viviamo per adattarci più velocemente possibile ai nuovi contesti economici e sociali che hanno così fortemente destabilizzato la nostra collettività. La crisi economica sta colpendo duramente la nostra salute e il nostro benessere (psicologico, economico, ecc.) e noi, intesi come società italiana, investiamo sempre meno risorse per ristabilire questo equilibrio e per prevenirne ulteriori danni alimentando così un pericoloso circolo vizioso che occorre fronteggiare efficacemente prima possibile.
Sono fermamente convinto che fare un esame della realtà oggettivo è un primo passo per prendere consapevolezza di qual’è la situazione presente e quali scenari futuri si stanno delineando. Dall’essere consapevoli ne consegue inevitabilmente una forma di responsabilità riguardo il come fronteggiare questi scenari al meglio per sentirci attori attivi delle nostre vite e delle scelte che operiamo giorno per giorno.
Fonti:
http://altrapsicologia.com/analisi-costi-benefici-delle-terapie-psicologiche/2009/02/