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Aspetti Psiconeurali Della Connessione tra il Flow (Esperienze Ottimali) e la Resilienza

Una maggiore frequenza di stati di benessere psicofisico conseguenti le Esperienze Ottimali corrispondono, oltre ad una più efficace regolazione dell’asse HPA, ad una migliore capacità di affrontare le eventi stressanti negativi della vita (resilienza) grazie alle proprietà di neuroplasticità influenzate dalle esperienze.

Gli sviluppi recenti delle neuroscienze e delle scienze biologiche permettono di comprendere maggiormente la connessione tra il livello delle Esperienzie Ottimali, le specifiche aree cerebrali particolarmente attive durante queste esperienze, e la resilienza, cioè la capacità di recuperare un equilibrio psicofisico in seguito all’esposizione di situazioni stressanti negative.
Grazie all’integrazione di conoscenze che sfidano i tradizionali confini delle scienze psicologiche e biologiche e dei loro paradigmi (in particolare lo sviluppo delle neuroscienze e della psicologia positiva da una parte, l’epigenetica e la neuroplasticità dall’altra) è possibile oggi fare luce sulla complessità umana in un modo impensabile fino a qualche decennio fa.
Vediamo ora come le esperienze eudaimoniche ottimali, le aree cerebrali implicate durante queste esperienze e la resilienza sono legate da una logica comune.
Gli stati esperienziali chiamati “eudaimonici” sono quelle esperienze caratterizzate da uno stato positivo di crescita e di complessità psicologica, connesse anche al concetto di impegno e di sforzo. Questi stati psicologici generano significato in ciò che facciamo (sono cioè attività che consideriamo molto significative) e aumentano il benessere e la qualità di vita personale (Seligman e Csikszentmihalyi 2000; Ryan e Deci, 2001; Delle Fave, Massimini e Bassi, 2011).
Le esperienze eudaimoniche sono diverse e più complesse di quelle edoniche, legate al concetto di puro “piacere” edonistico, sia dal punto di vista psicologico (Ryan e Deci, 2001; Vázquez et al. 2009) sia per la loro architettura neurofisiologica (Castro, D.C. & Berridge, K.C. 2014; Urry et al. 2004; Lewis, et al. 2014) che per il loro aspetto legato al funzionamento epigenetico (Fredrickson et al. 2013).
Il benessere eudaimonico risulta essere un fattore protettivo le psicopatologie ed è un predittore di benessere fisico inclusi bassi livelli di cortisolo. Le persone che riportano un maggiore benessere psicofisico hanno, in seguito ad eventi positivi, una maggiore attivazione del corpo striato e della corteccia prefrontale, e minori livelli di cortisolo. Il corpo striato e la corteccia prefrontale sono elementi del circuito neurofisiologico della ricompensa chiamato anche circuito dopaminergico della ricompensa perché la dopamina è il neurotrasmettitore protagonista di questa complessa rete neurale (il cosiddetto circuito “want”).
E’ stato suggerito che un sostenuto grado di attivazione del circuito della ricompensa in risposta ad eventi positivi sia alla base del benessere e della regolazione adattiva dell’ asse ipotalamo-ipofisi-surrene (Agnoletti, 2015; Heller et al., 2013).
Sempre riguardo l’asse HPA è stato visto che in seguito ad eventi negativi (anche di natura traumatica) corteccia prefrontale e amigdala sono inversamente attivati e predicono la produzione di cortisolo (Urry et al. 2006).
Le Esperienze Ottimali (chiamate nel mondo anglosassone “Optimal Experiences” o più semplicemente “Flow”) sono una categoria particolare di esperienze eudaimoniche identificate dal prof. Csikszentmihalyi negli anni 70 del novecento (Csikszentmihalyi,1975). Nella letteratura psicologica esse rappresentano il concetto eudaimonico per eccellenza perché ne incarnano i fattori chiave con particolare intensità e chiarezza.
In quasi 40 anni di studi si è accumulata una notevole quantità di dati anche transculturali riguardanti l’ analisi fenomenologica, i tratti di personalità, le evidenze neurofisiologiche dell’Esperienza Ottimale (Manzanoa et all., 2013; Nakamura & Csikszentmihalyi, 2009; Ullen et al. 2011).
Le Esperienze Ottimali sono stati soggettivi dove una specifica combinazione cognitiva, emotiva e motivazionale genera uno stato di benessere significativo; la persona che vive queste esperienze è completamente coinvolta nell’attività scelta, percepisce un alto senso del controllo situazionale ed un equilibrio tra le proprie capacità ed il grado di difficoltà dell’ attività ingaggiata. Il flow è uno stato di benessere così gratificante che induce la persona a replicare l’esperienza stessa.
La tipologia specifica di attività nelle quali l’ Esperienza Ottimale viene ad instaurarsi è assolutamente soggettiva (suonare uno strumento musicale, giocare a scacchi, danzare, praticare uno sport, ecc.) perché dettata dalla scelta personale che i soggetti compiono durante il loro percorso di vita tuttavia vi è una comune
configurazione psicologica alla base di tutte queste variegate attività.
Dallo studio sistematico delle descrizioni fenomenologiche di decine di migliaia di questionari sono emerse alcune specifiche caratteristiche del flow tra le quali: una motivazione intrinseca (si pratica l’attività per il gusto stesso di farla) che porta a ricercare di ripetere l’esperienza, un alto senso di controllo situazionale, un equilibrio tra il grado di difficoltà dell’attività e le proprie capacità percepite.
Recenti studi sulle correlazioni del Flow e biomarcatori ha indicato un rapporto tra frequenza di questa specifica tipologia di esperienze e benefici psicofisici legati a vari sistemi metabolici, neurali ed immunitari (Agnoletti, 2015; 2016; 2017).
All’interno dell’attuale teoria dell’ Esperienza Ottimale esistono tre categorie logiche rappresentate da differenti configurazioni tra il grado di difficoltà dell’attività e le proprie capacità percepite: l’area nella quale viviamo uno stato di esperienza ottimale “EO”, l’area che rappresenta l’esperienza di noia “EN” (caratterizzata da una situazione in cui le proprie capacità personali sono percepite come superiori rispetto la difficoltà dell’attività intrapresa), e quella dell’ansia “EA” (caratterizzata da una situazione dove le proprie capacità sono percepite come inferiori rispetto la difficoltà dell’attività ingaggiata).
Il meccanismo del flow ha una natura dinamica nel senso che, ad esempio, uno stato ottimale non può durare a lungo, una volta raggiunto “incrementerà” nel tempo il livello percepito delle capacità auto-percepite e conseguentemente aumenterà il grado di difficoltà dell’attività necessaria per raggiungere la futura esperienza ottimale.
In termini più pratici ciò significa che, se ad esempio, sciando su di una pista “bianca” posso vivere un’esperienza ottimale, ma ripetendo nel tempo la medesima pista (migliorando quindi le mie capacità percepite) arriverò al punto di non provare più la stessa esperienza positiva vissuta in precedenza.
Per evitare uno stato di noia e “ingaggiare” la prossima esperienza ottimale dovrò quindi aumentare il livello di difficoltà della pista da sci per intercettare l’equilibrio con le capacità autopercepite di quel momento. Se non effettuerò questa scelta bilanciata correrò il rischio di incappare nella situazione ansiogena dove le difficoltà dell’attività sono molto superiori a quelle auto-percepite/attribuite (p.e. un novello sciatore che affronta una pista nera) o noiosa caratterizzata dall’esatta configurazione opposta dove le difficoltà dell’attività sono molto inferiori a quelle auto-percepite/attribuite (praticando nuovamente la pista “bianca”).
Andando ad approfondire la situazione ansiogena/stressogena negativa, caratterizzata da una percezione di “basso” controllo e/o “bassa” prevedibilità degli eventi (Carnevali e Sgoifo, 2013), possiamo quindi comprendere che esistono logicamente due tipologie di strategie atte a “riportarci” nell’area positiva delle Esperienze Ottimali: la strategia (S1) che implica una riacquisizione della percezione di controllo della situazione senza percepire un aumento delle capacità personali e la strategia (S2) che consiste nel mantenere nel tempo l’alto (e stressante) grado di difficoltà dell’attività, percependo contemporaneamente un aumento delle proprie capacità e quindi un maggiore grado di controllo della situazione.
La strategia S2 è l’unica situazione in cui la persona percepisce l’aumento di controllo abbinato all’incremento delle capacità personali (Agnoletti, 2013; 2015). Questa situazione è molto connessa con la coltivazione di una capacità denominata “resilienza” cioè la capacità di gestire una situazione ansiogena ristabilendo efficacemente il grado di benessere psicofisico precedente l’evento stressante (Trabucchi, 2012).
E’ stato visto che la resilienza ha la sua localizzazione neurofisiologica nel tratto neurale mielinico che connette la corteccia prefrontale e l’amigdala (Davidson, 2000; 2013) e che queste due strutture sono modificabili strutturalmente (neuroplasticità) attraverso esperienze selettivamente definite (Hölzel, et. al., 2010; Lazar, et.al. 2005; McEwen & Morrison, 2013).
E’ presumibile pensare che anche il tratto neurale sia plasticamente modificabile dalle esperienze personali vissute; a conferma di questa ipotesi si veda ad esempio l’attivazione neurale inversa tra prefrontale e l’amigdala (Urry et al. nel 2006).
Le dimensioni fenomenologiche del Flow sono state identificate e misurate da diverso tempo ma solo molto recentemente si è analizzata anche la natura neurofisiologica di questo meccanismo psicologico. Risulta interessante notare a questo riguardo che
esiste un legame tra la propensione ad avere Esperienze Ottimali e la percezione di controllo che si ha della propria vita ed è stato ipotizzato che, alla base di questa relazione, ci sia il coinvolgimento del circuito dopaminergico della ricompensa (Mosing et al., 2012). A conferma di questa ipotesi è stato dimostrato che le differenze individuali nella propensione ad avere Esperienze Ottimali sono legate alla disponibilità del recettore D2 della Dopamina che si trova nel corpo striato dorsale (Manzanoa et al., 2013), struttura questa che fa parte del circuito della ricompensa.
Come abbiamo visto precedentemente, la teoria attuale prevede che l’unica strategia possibile per replicare il Flow, mantenendo lo stato di difficoltà tipico della situazione ansiogena, sia aumentando le proprie capacità percepite.
Replicare questa particolare strategia psicologica incrementa quindi la resilienza cioè la capacità di gestire una situazione ansiogena/stressante ristabilendo in maniera efficace lo stato psicofisico precedente la situazione negativa.
Aumentare la frequenza di questa tipologia di esperienze (S2) dovrebbe quindi avere effetti di plasticità neurale del tratto neurale che connette la corteccia prefrontale all’amigdala presupposto per esprimere la capacità della resilienza.
Queste due strutture neurali (amigdala e corteccia prefrontale) abbiamo visto che sono inversamente correlate durante la regolazione di emozioni negative (stress negativo) e predicono i livelli di cortisolo prodotto in fase diurna.
L’attuale conoscenza scientifica sembra suggerire quindi che ad una maggiore propensione di Esperienze Ottimali dovrebbe corrispondere una maggiore attivazione del tratto neurofisiologico corrispondente la resilienza, che connette la corteccia prefrontale e l’amigdala oltre una migliore regolazione adattiva dall’asse HPA che favorirebbe un minore livello di cortisolo prodotto. Dall’uso strategico di queste conoscenze potrebbero esserci interessanti ricadute applicative finalizzate al miglioramento della qualità di vita e del benessere globale della persona.

Bibliografia

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Il presente articolo di cui e' autore il dr. Massimo Agnoletti, e' stato pubblicato dalla rivista scientifica Medicalive Magazine nel Marzo 2018

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